il parrocchetto dai mustacchi

Tra i parrocchetti del genere Psittacula più diffusi in ambiente domestico troviamo il parrocchetto dai mustacchi, bellissimo Psittacide di origine asiatica tanto comune quanto bistrattato dagli allevatori: il suo fascino e la sua eleganza passano talvolta in secondo piano poiché risulta spesso confuso con il più maestoso, per stazza e taglia, Parrocchetto di Lord Derby, tanto che molti profani al genere Psittacula spesso confondono le due specie o snobbano l’alexandri come un derbiana rachitico. Questo piccolo parrocchetto, tuttavia, riserva numerose tipicità che possono rendere la sua gestione e riproduzione quanto mai interessate, ragion per cui tenterò in queste righe di rivalutarne l’allevamento, consapevole che, nel mondo sempre più commerciale dell’ornitologia, il piccolo mustacchiato non rappresenta certo una sicura fonte di guadagno per chi ricerca nell’avicoltura un tornaconto economico.

 

Spesso girando nelle fiere è possibile osservare gabbie da esposizione con stipati innumerevoli Psittacula alexandri, adulti e giovani ammassati insieme, a prezzi davvero irrisori: purtroppo la qualità degli esemplari in commercio lascia ampiamente a desiderare, proponendo animali di piccola taglia, con muscolatura scarsamente sviluppata, livrea poco brillante e piumaggio sciupato. 

Ciò accade perché, a causa della forte adattabilità di questo parrocchetto, vengono spesso trascurati importanti requisiti necessari per allevarlo secondo standard rispettosi dell’etologia della specie, che permetteranno quindi di ottenere animali davvero pregiati e apprezzabili anche da chi non conosce le peculiarità dell’alexandri. 

Ambiente e alloggio necessari

Il parrocchetto dai mustacchi presenta un’indole timida e schiva, che lo rendono nervoso in ambienti troppo esposti; inoltre si presenta un ottimo volatore come tutti i membri del genere Psittacula: lo spazio di volo è certamente indispensabile per la salute degli esemplari, ma nel dimensionare la voliera occorre tenere sempre ben a mente la necessità di imboscarla, ripararla da sguardi e disturbi indiscreti. Ottimale a tal scopo è la vegetazione naturale, ma qualora non si riveli sufficiente ricorro spesso a stuoie di cannette e siepi di edera artificiale da posizionare sulla rete esterna, fuori dalla portata dei pappagalli: con tale accorgimento è possibile trasformare animali irrequieti e stressati, che riproducono malamente o rompono le uova, in ottimi riproduttori. 

 

Nel mio allevamento utilizzo batterie di voliere auto-costruite dalle dimensioni di 250x75x100h, assicurandomi che le coppie non possano vedersi da alloggi adiacenti. Molto utili risultano le voliere sospese dal momento che la specie appare sensibile sensibile alla verminosi e spesso non disdegna scendere sul fondo per cercare nel terreno o tra i resti del pasto qualche insetto da consumare. Il loro piumaggio vaporoso e delicato si mantiene tale solamente con continue docce, dal momento che non si rivelano assidui frequentatori di pozze d’acqua per il bagno: l’ottimale sarebbe predisporre voliere scoperte su almeno 150 cm, per permettere agli animali di esporsi alle intemperie, o allestire un sistema di vaporizzazione da attivare nelle giornate torride.

Alimentazione

Lo Psittacula alexandri presenta tendenze frugivore minori rispetto ad altri Psittacula, rimpiazzando la frutta con diversi cibi ad alto tasso proteico e lipidico. Allo stato selvatico è stato osservato nutrirsi in maniera considerevole di pollini e fiori, alimenti che pare apprezzare anche in cattività, sia sotto forma di puro polline d’api che di nettare per lori.

Altri alimenti che rispecchiano la dieta naturale e che sono solito fornire in cattività, poiché molto apprezzati, sono il riso paddy ammollato e le castagne bollite e schiacciate: entrambi vengono divorati con molto appetito dagli esemplari.

La dieta di base che fornisco ai miei soggetti è composta per circa il 40% misto per colombi viaggiatori, ricco di leguminose, ammollato e bollito, 20% una miscela germinabile per grossi pappagalli, 30% semi secchi o estrusi in base al periodo o alla preferenza delle coppie, 10% frutta, verdura e altri vegetali (spighe immature, germogli, erbe prative).

 

Le variazioni stagionali consistono principalmente in un aumento di cibo secco ed estrusi a basso tenore proteico durante l’inverno fino a raggiungere oltre il 60% del consumo giornaliero, da novembre a gennaio, e una consistente integrazione di proteine animali durante le cove. 

Dal punto di vista alimentare il periodo riproduttivo è gestito come segue: agni inizi di febbraio introduco nella dieta camole della farina, bigattini bolliti, uovo sodo schiacciato e mischio ai misti germinati o bolliti un pastone per insettivori in proporzioni di 1:3; mantengo questo regime fino allo svezzamento dei novelli, con l’unica accortezza di rimuovere uovo sodo e camole al momento della deposizione, aumentando considerevolmente la fornitura di bigattini fino ad arrivare a un cucchiaio di minestra colmo per coppia durante la crescita dei pulli.

 

Dalle osservazioni effettuate ho constatato che gli alimenti preferiti per la nutrizione della prole sono proprio questi insetti abbinati a riso paddy ammollato e piselli bolliti che le coppie selezionano dal misto per colombi rivelando una particolare predilezione: per tale ragione, mi premuro di addizionare alla miscela una maggiore quantità di piccoli legumi.

I novelli svezzati sono invece nutriti con abbondanti dosi di miscela bollita e vegetali freschi, avendo cura di variare il più possibile l’alimentazione e di introdurre fin da subito una buona dose di proteine, animali e non; i semi secchi saranno introdotti solamente in seguito: tale accorgimento, abbinato all’utilizzo di voliere che permettano di esercitare il volo, assicura l’ottenimento di una forma fisica indubbiamente notevole.

Riproduzione

Si tratta che, se correttamente mantenuti e alloggiati, possono rivelarsi estremamente prolifici, effettuando fino a 2 covate l’anno se permetteremo alla coppia di svezzare i propri pulli e fino a 3 se ricorreremo in maniera massiccia all’allevamento a mano; una femmina inoltre arriva a deporre anche 6 uova per covata, dimostrando un altissimo tasso di fecondità.

Le coppie esperte e affiatate entreranno in riproduzione a fine marzo, mentre le giovani leve o i soggetti non ancora ambientati possono tardare anche ai primi di maggio.

 

La deposizione è spesso preceduta da un comportamento originale da parte della femmina: pur lavorando a modellare l’ingresso del nido, si mostra di rado al suo interno e approfitta solamente di brevi momenti al mattino presto per adattare, scavando, il fondo del nido alle proprie esigenze; una settimana prima di deporre, tuttavia, essa si barricherà totalmente dentro la camera di cova, rimanendovi cocciutamente anche durante le ispezioni dell’allevatore: un simile comportamento è analogo, anche se in forma più accentuata, a quello osservato in P. cyanocephala e P. himalayana, mentre ben diverso da quello mostrato dai grossi Psittacula, che aumentano in maniera progressiva la loro permanenza nel nido prima della deposizione. 

 

Ho tentato di individuare il tipo di nido preferito dalle coppie fornendo sempre diversi modelli tra cui scegliere: la predilezione è sempre stata per strutture con base stretta, circa 25x25, e altezza ridotta a 50 cm, piuttosto che con una base più ampia e altezza maggiorata a 70-80 cm.

Un’altra preferenza è stata espressa per le strutture ad L comunemente utilizzate per pappagalli africani, che ricreano una camera di cova particolarmente scura e ridotta, mentre le fogge ad L rovesciata, munite di mensolina interna o di corridoio d’ingresso sono state meno predilette: una volta che una femmina avrà scelto il proprio nido, le altre cassette presenti in voliera potranno essere mantenute, poiché esse verranno utilizzate dal maschio che stanzierà davanti al loro foro d’ingresso per diverse ore al giorno, quasi a fuorviare i potenziali riguardo all’effettiva presenza della femmina nido; verranno anche utilizzate come ricovero per il partner in situazioni di pericolo, che vi si fionderà dentro senza rischiare di disturbare la compagna in cova.

 

Sul fondo del nido sistemo poi 3-4 cm di cippato di faggio a grana grossa, che successivamente la femmina si occuperà di triturare qualora lo ritenga necessario, ed inoltre lascio che siano i riproduttori a scegliere le dimensioni del foro d’ingresso, inchiodando di fronte ad esso sottili fogli di compensato con una piccola incisione al centro: normalmente la fessura viene allargata della dimensione appena necessaria per ottenere l’ingresso dei riproduttori, eludendo così l’entrata di luce. 

La cova si prolunga per 23 giorni dalla deposizione del 2° o 3° uovo (segno che la femmina, pur rimanendo nel nido, non incomincia da subito l’incubazione) e per tutto il periodo le uscite dal nido si riveleranno quanto mai sporadiche.

 

Nonostante la bravura dei riproduttori e l’incredibile numero di uova feconde che una femmina può deporre, difficilmente i genitori riusciranno a nutrire correttamente tutti i pulli, trascurando gli ultimi nati che pur rimanendo in vita cresceranno stentati e rachitici: ho riscontrato un simile comportamento in tutti gli Psittacula, in cui un meccanismo di selezione naturale associa un’alta produzione di uova alla scarsa capacità di svezzare un numero elevato di pulli.

Per aumentare la qualità dei pulli in una nidiata, ho fatto ricorso in maniera massiccia all’allevamento a mano, rimuovendo tutti piccoli schiusi successivamente ai 2-3 primogeniti di una covata intorno al 7° giorno di vita: in tal modo i genitori concentrano le loro forze sull’alimentazione solo pochi pulli per nidiata.

Nel sottolineare la prolificità di questi parrocchetti, nella stagione riproduttiva 2019 riporto nel mio allevamento la nascita di 13 pulli da una stessa coppia, distribuiti su 3 covate poiché per necessità ho dovuto rimuovere intere nidiate poco dopo la nascita per effettuare una terapia antibiotica sui genitori. 

 

L’involo avviene in maniera piuttosto precoce intorno ai 45 giorni e lo svezzamento dopo i 60, periodo in cui i giovani apprendono e si formano in maniera incredibilmente rapida: subito dopo lo svezzamento il becco dei giovani si scurisce, indipendentemente dal sesso, per poi assumere il colore definitivo – arancio o nero - intorno ai 18 mesi di età, momento in cui sarà possibile discernere il sesso degli esemplari, già intuibile in precedenza in base a dimensioni di testa e becco. 

La maturità sessuale è raggiunta al secondo anno di vita e non esistono particolari difficoltà nella formazione delle coppie anche con esemplari già maturi: al di fuori della stagione cove, infatti, maschio e femmina risultano totalmente indifferenti l’un l’altro e in alcuni casi mostrano comportamenti di intolleranza reciproca, per poi successivamente legarsi nel periodo degli amori e rivelarsi una coppia eccellente nel ruolo genitoriale. 

Allevamento a mano e soggetti pet

Al contrario, di quanto spesso creduto dai molti estranei all’allevamento di questa specie, il parrocchetto dai mustacchi, se correttamente cresciuto ed imprintato, può rivelarsi un validissimo pet, con doti strabilianti, certamente superiori a tutti gli altri parrocchetti del genere Psittacula – parrocchetti dal collare, testa di prugna e alessandrini – e al pari solamente del derbiana. 

Un’amica riferisce di un giovane maschio cedutole dal sottoscritto che già a 4 mesi di vita pronunciava le prime parole, mentre sono rimasto incredulo quando mi è stata riferita da un altro amatore, in possesso di un mio pullo in fase di svezzamento, la morbosità con cui l’esemplare si era affezionato al proprietario, seguendolo ovunque e restandogli accanto perfino durante la notte. 

 

Ciò è stato rilevato con piacere, anche se in diversa misura, in tutti i parrocchetti dai mustacchi che ho cresciuto; oltre a ciò, si rivelano animali estremamente tranquilli: io stesso, che ho riservato per me una giovane femmina cresciuta a mano poiché priva di metà coda a causa di una ferita subita in età neonatale, ho potuto apprezzare la calma e il sangue freddo di questi animali, capaci di rimanere per intere giornate sulla spalla del proprietario senza infastidirlo o allontanarsi di frequente. 

Intorno ai 3 mesi di vita, in pieno periodo di svezzamento che per gli allevati a mano avviene intorno ai 100 giorni, i giovani, ed in particolare le femmine, cominciano a far uso in modo massiccio del becco e sentono necessità di mordere e masticare qualsiasi cosa sia messa loro a disposizione: se correttamente seguiti e stimolati a prendere confidenza con diversi oggetti in legno, giochi e quanto altro, questa fase si risolve di breve tempo. 

 

Purtroppo – e devo ancora capire per quale ragione – questo parrocchetto gode di cattiva fama come pet ed è per questo snobbato da molti privati che, cercando un parrocchetto Psittacula domestico, preferiscono dirigersi su parrocchetto dal collare e alessandrino, a mio avviso rinunciando ad ottime esperienze di socializzazione col pappagallo pet: di certo, anche in tal caso a dispetto delle comuni credenze, i migliori risultati si ottengono incominciando l’allevamento a mano dai primi giorni di vita dell’animale; in caso contrario, prelevando dal nido pulcini già con gli occhi aperti, come hanno tentato di fare alcuni conoscenti, si rischia di ottenere pet più forastici e talvolta veramente difficili da gestire. 

Mutazioni e sottospecie

La sottospecie comunemente allevata in Europa, e oltretutto con areale di diffusione più vasto, è il parrocchetto dai mustacchi indiano, lo Psittacula alexandri fasciata, mentre è talvolta possibile reperire a prezzi notevolmente elevati la sottospecie nominale, il parrocchetto dai mustacchi di java Psittacula alexandri alexandri, con becco di dimensioni maggiori e differente dimorfismo sessuale, in quanto la femmina ha anch’essa becco rosso ma di colorazione più sbiadita. 

Esistono tuttavia ben 8 sottospecie, molte delle quali hanno areali limitati a piccoli arcipelaghi dell’oceano indiano: in cattività ho avuto modo di osservare lo Psittacula alexandri dammermani, con una stazza più imponente e petto di color rosa salmone, e lo Psittacula alexandri cala, simile al fasciata ma con piumaggio più pallido e testa bluastra uniforme.

 

Le mutazioni fissate nel P. a. fasciata sono innumerevoli, tra cui è apprezzata in particolar modo quella blu: per un approfondimento ulteriore sull’argomento riporto il link di un articolo che avevo scritto in passato al riguardo. 

Osservazioni finali

Lo Psittacula alexandri è in definitiva un robusto parrocchetto, apparentemente prolifico e di facile riproduzione, ma che – per essere allevato nel migliore dei modi e con pregevoli risultati – richiede attenzioni e abilità. Il suo allevamento nasconde quindi innumerevoli vantaggi, poiché se da un lato rappresenta una specie adatta anche a neofiti, dall’altro risulta estremamente interessante per gli allevatori esperti; il parrocchetto dai mustacchi, inoltre, sopporta relativamente bene il freddo, presenta buone capacità di resistenza alle malattie e un spiccata adattabilità. 

D’altro lato, dobbiamo registrare lo scarso apprezzamento per la specie che purtroppo ne mantiene bloccato il mercato. Da parte mia sono fiducioso che, con la progressiva specializzazione di molti ornicoltori a cui abbiamo assistito negli ultimi anni, questo parrocchetto avrà modo di essere allevato, riprodotto e studiato da un più ampio numero di appassionati