I pappagalli e il freddo

Il gran freddo è alle porte e molti allevatori stanno già predisponendo le misure necessarie per permettere ai propri animali di affrontare al meglio le ondate di gelo che interesseranno i prossimi mesi. 

Tuttavia, troppo spesso si commette l’errore di essere troppo premurosi, colti dalla preoccupazione che i nostri animali possano risentire delle basse temperature in maniera eccessiva, timore accentuato ancor più dal classico stereotipo “pappagallo = caldo e tropici” che ci obbliga a pensare gli Psittacidi come incapaci di sopportare condizioni rigide.

In realtà, le caratteristiche anatomiche e le abitudini alimentari dei pappagalli li rendono in grado di mantenere un’eccellente omeostasi termica durante l’inverno alle nostre latitudini, fatta eccezione per alcuni lori e altri Psittacidi (Poicephalus principalmente) che possono presentare casi di congelamento degli arti inferiori.

 

In generale, la tendenza più comune consiste nell’isolare massicciamente le voliere con materiale trasparente (plastica, vetroresina, policarbonato, nylon) non permettendo un corretto ricircolo dell’aria oppure nell’ubicare l’allevamento al chiuso, tentando di forzare la riproduzione nel periodo invernale e rinunciando ai benefici che sole diretto, precipitazioni e aria fresca possono portare ai nostri animali. 

In entrambi i casi, la conseguenza più comune è rappresentata dal ristagno di carico organico all’interno delle voliere che favorisce una massiccia proliferazione batterica e lo sviluppo di infezioni che, a fine inverno durante le cove primaverili, si manifesteranno in un’elevata mortalità di pulli e embrioni; in caso di copertura impermeabile oltre tutto, lo sbalzo termico tra il giorno e la notte, dovuto all’effetto serra provocato dal sole battente su plastiche e vetri sarà più deleterio per gli animali del freddo stesso.

Le strategie dell’allevatore per proteggere le proprie coppie durante i mesi più rigidi dovranno quindi orientarsi in altra direzione.

Come spesso si afferma in ornitologia, piuttosto che il freddo secco, sono le correnti e l’umidità a creare danno agli animali e per tale ragione risulta sufficiente proteggere solamente 2-3 lati dell’alloggio, solitamente quelli esposti verso il settentrione, direzione da cui provengono i principali venti gelidi. L’uso di pannelli rigidi è preferibile a teli di plastica e nylon, poichè il loro movimento accentuato dalle forti correnti risulterà stressante per gli inquilini.

 

Il tetto della voliera, d’altra parte, rimarrà scoperto per tutto l’anno su metà della sua lunghezza, per permettere agli animali di esporsi a proprio piacimento a pioggia e neve, eventi atmosferici che risulteranno alquanto graditi, specie poiché permetteranno di mantenere una vaporosità del piumaggio sufficiente a svolgere la funzione termica per cui esso si è evoluto.

Per la medesima ragione risulta fondamentale, ancor più che in estate, permette agli animali di bagnarsi in contenitori di acqua a temperatura ambiente (non tiepida): vedremo spesso gli animali farne uso, spesso al mattino presto, quando la temperatura è inferiore allo zero termico. 

 

L’altro fattore su cui potremo agire è l’alimentazione: l’utilizzo di semi oleosi (niger e canapa con le specie di taglia minore) e frutta secca con gli Psittacidi più dimensionati (noci, nocciole, pinoli…) permetteranno di avere fornire calorie di qualità, prestando attenzione a moderare le dosi per evitare condizioni di sovrappeso. Non risulta d’altra parte necessario ridurre la fornitura di alimenti umidi, frutta e verdura, ma occorrerà igienizzare in maniera attenta ciotole e fondali, poiché l’umidità invernale potrà favorire lo sviluppo di muffe e funghi. La fornitura di alimenti proteici è sconsigliata con il semplice scopo di impedire l’estro in periodo invernale e accentuare il cambio stagionale in primavera, quando si desidererà spronare i riproduttori ad accoppiarsi.

L’utilizzo del nido come ricovero notturno è consigliato e ciò, al contrario di quanto in molti sostengono, non causerà un’inibizione del picco o ormonale in primavera: se si dovesse temere ciò, sarà sufficiente, con l’avvicinarsi della stagione cove, ostruire il foro d’ingresso con una tavoletta di compensato forata, dal momento che la masticazione e il lavoro della coppia per aprirsi un varco all’interno della camera di cova risulterà sufficiente a stimolare l’estro.

Le specie sud-americane e i lori faranno largo uso del nido come riparo durante la notte, ed anche i novelli possono approfittare della presenza della casetta, acquisendo contemporaneamente famigliarità con essa.

 

Fatta eccezione per le specie che sono solite intraprendere cove invernali (Poicephalus, Psittacus e talvolta Pionites) sarebbe da evitare l’utilizzo di riscaldamento artificiale sotto il nido, sia per inibire l’eventuale estro prematuro che per evitare stress termico.

L’utilizzo di posatoi riscaldati può tornare utile in caso di timore nei problemi sopracitati, anche se personalmente non l’ho mai ritenuto necessario, purchè in voliera vengano disposti posatoi in legno ruvido adeguatamente dimensionati, e nel caso in cui gli animali abbiano assunto l’abitudine di dormire aggrappati alla rete metallica potrebbe tornare utile rivedere la sistemazione dei legni in voliera, per evitare che gli appoggi già presenti non vengano utilizzati perché sgraditi (se posti 

troppo vicino al suolo o eccessivamente esposti).

 

L’ultimo problema da risolvere consiste nel congelamento (protratto per diversi giorni consecutivi) dell’acqua in abbeveratoi e vasche per il bagno: in tal senso l’aggiunta di piccole dosi di zucchero da tavola disciolte nei contenitori di abbeverata può essere utile per innalzare lievemente il punto crioscopico dell’acqua e fornire calorie rapidamente disponibili per l’organismo… si tratta di un metodo artigianale ma alquanto efficace.